Puglia Nero di troia Pura Gioia

Puglia Nero di Troia Puragioia 2018 Antica Enotria

Una varietà duttile che dà ottimi rosati e rossi

Quando si dice Puglia – in verità bisognerebbe dire Puglie, dati gli oltre 400 chilometri di lunghezza e la differenza sostanziale tra territori diversi, il nord ben diverso dal Salento, la Murgia e l’area di Castel del Monte ben diverse dalla Capitanata, dal foggiano e dal Gargano – e si intende parlare di vino, ci si deve sempre ricordare che ci troviamo di fronte a realtà molto diverse.

Si parla soprattutto – e giustamente – della Penisola Salentina e del suo vitigno principe, il Negroamaro, oppure del Primitivo (dimenticando spesso che accanto al Primitivo di Manduria c’è il più elegante, sapido, minerale e bevibile Primitivo di Gioia del Colle) ma non godono di altrettante attenzioni altre zone Ci si dimentica pensando alla Puglia come terra da rossi corposi, che ci sono areali specializzati nella produzione di vini bianchi, Gravina nella Murgia con i suoi caratteristici canyon e la lame dove nascono i funghi cardoncelli, e poi nella zona dei trulli, di Alberobello, in Valle d’Itria, da uve Verdeca l’antica e quasi scomparsa Doc Locorotondo, e poi vini a base di Bianco d’Alessano, del recuperato (Fiano) Minutolo riscoperto e rilanciato da quel grande enologo e bianchista impareggiabile che è Lino Carparelli.

E poi, tornando ai rossi, in Puglia non ci sono solo Negroamaro (e Malvasia nera) e Primitivo, ma esistono tutta una serie di vitigni che esprimono rossi (e e rosati, la Puglia è una delle zone storiche dei vini in rosa italiani) di assoluto rilievo.

In provincia di Bari, nella zona della Doc Castel del Monte (il meraviglioso Castello fatto costruire dal Puer Apuliae, l’imperatore Federico II) nascono importanti rossi e freschi rosati utilizzando il vitigno Bombino nero. E sempre nella stessa zona, ma soprattutto in provincia di Foggia, (ricordo l’ottimo Catapanus di D’Alfonso del Sordo a San Severo) il Bombino bianco esprime bianchi freschi e beverini. E il re, insuperato (il primo ed il migliore) degli spumantisti metodo classico pugliesi, D’Araprì a San Severo, produce le sue bollicine Brut e Pas Dosé, il Millesimato RN, la Gran Cuvée, utilizzando parzialmente o totalmente Bombino bianco.

E c’è poi un altro grande vitigno a bacca rossa in Puglia, situato nella parte settentrionale, coltivato in provincia di Bari e di Foggia. Un vitigno che troviamo utilizzato nella Doc Castel del Monte nelle diverse tipologie, nel Cacc’e Mmitte di Lucera, nei Rosso Canosa, Rosso Barletta, Rosso di Cerignola, e soprattutto nelle Igt Puglia e Daunia, con indicazione di vitigno. Conosciuto indifferentemente come Nero di Troia o Uva di Troia, è un vitigno, che ha origine dal borgo di Troia in provincia di Foggia, estremamente interessante e duttile, perché si esprime alla grande sia nella produzione di vini rosati (e tra pochi giorni vi proporrò un eccellente rosato espressione di quest’uva) sia di vini rossi, immediati, beverini, freschi, fruttati o di notevole impegno, affinati in legno.

Oggi voglio parlarvi di un Puglia Igt Nero di Troia 2018, affinato solo in acciaio, di una bellissima azienda di Cerignola, nata nel 1993, che vale la pena conoscere non solo per gli ottimi vini ma pure per un’attività collaterale, avviata nel 2002 e diventata sempre più importante (tanto che nel 2011 è stato costruito un apposito corpo aziendale) ovvero la produzione di squisite conserve artigianali, pomodorini al naturale, pomodori gialli, carciofi, melanzane, pomodori secchi, olive belle di Cerignola, e olio extravergine d’oliva. Prodotti a chilometro zero ottenuti da ortaggi lavorati entro 24 ore dalla raccolta, davvero buonissimi.

L’azienda di cui sto parlando è l’Antica Enotria, creata dalla famiglia Di Tuccio nel 1993, da Raffaele che insieme alle moglie Addolorata decise di lasciare la natia Basilicata per cominciare una nuova vita in Puglia, “seguendo il sogno di una terra fertile che possa regalare frutti inaspettati”. Obiettivo coltivare vigne e ortaggi (e ora sono ben 40 gli ettari della tenuta) senza l’utilizzo di prodotti di sintesi e organismi geneticamente modificati. A questo primo passo seguirono l’acquisto e la ristrutturazione della masseria Contessa Staffa, nei pressi della campagna di Cerignola.

Come si legge sul loro bel sito Internet “per la famiglia Di Tuccio il biologico è una filosofia di vita. La garanzia di un prodotto che arriva in tavola realmente autentico e che salvaguarda l’ambiente alimenta l’entusiasmo di Luigi, figlio di Raffaele”, il quale punta su una agricoltura biologica, ad un’alimentazione sostenibile che rispetta la stagionalità ed è a chilometro zero. Luigi Di Tucci oggi conduce l’azienda insieme alla moglie Valentina.

Le tappe del loro percorso aziendale sono semplici: 1993 prima vendemmia e piccola produzione artigianale di Montepulciano e Aglianico e Sangiovese. 1997 primo ampliamento della cantina, 2001 vengono impiantati il Nero di Troia e la Falanghina, 2004 prima vendemmia del Nero di Troia, 2010 prima annata di Primitivo e Negroamaro, 2015 prima annata di Fiano.

La produzione di vini biologici di Antica Enotria è ampia e comprende tre vini bianchi, uno base Falanghina, uno base Fiano e un uvaggio Falanghina – Fiano, un rosato di Uva di Troia e Montepulciano, e poi ben undici (non sono troppi?) vini rossi, due da Uva di Troia in purezza, un Sangiovese, un Montepulciano, un Primitivo, un Aglianico e un Negroamaro in purezza, un uvaggio Montepulciano e Nero di Troia, un uvaggio Montepulciano, Nero di Troia e Sangiovese.

Tutti i vini, ottenuti dai 12 ettari di vigneto coltivati, sono presentati in bottiglie che si fregiano di bellissime etichette, che in passato erano opera di un grafico cerignolano che si dedica, con alterni risultati, anche a gestire un discusso wine blog a più voci, e che non so se anche oggi siano opera dello stesso A.T.

Sono vini che si avvolgono di un terroir speciale, con terreni ricchi di calcare, argilla e sali minerali, il clima é mite d’inverno e torrido d’estate e “il vento che arriva dal mare porta invece sale che dona sapidità e abbassa e mitiga il caldo estivo concedendo un rigenerante refrigerio alle viti”. Un clima ”perfetto per l’agricoltura biologica e per la viticoltura di qualità, pur essendo in pianura, la vicinanza dal mare regala temperature non troppo alte in estate, e la pochissima umidità e le buone escursioni termiche notturne assicurano una perfetta sanità delle uve”.

Io non ho scelto per il mio assaggio il più impegnativo Sale della Terra, affinato per 24 mesi in botti da 30 ettolitri, l’Aglianico o il Primitivo, o l’uvaggio Nero di Troia – Aglianico Dieci ottobre che Luigi di Tuccio ha dedicato al figlio Raffaele (lo stesso nome del nonno, come vuole la tradizione), ma il bellissimo, nel nome, nell’etichetta, e all’assaggio Nero di Troia Puragioia, annata 2018, vino nuovo alla sua prima uscita nel 2019, persuaso che il Nero di Troia si esprima benissimo anche in vini più giovani e immediati, anche se gli…attributi per affinarsi ed evolvere lungamente in legno (grande, non barrique, please!).

E l’assaggio ha lasciato il posto ad una beva felice e generosa, dove il vino, bicchiere dopo bicchiere, si faceva bere senza nessun problema abbinato, se ricordo bene, a della salsiccia con patate al forno. Colore rubino brillante, naso fragrante, fresco, intensamente fruttato, con ciliegia in evidenza e more, leggermente selvatico.

In bocca il Puragioia dà veramente gioia al berlo, bocca fresca, viva, succosa, piena di sapore, con il saldo corredo tannico del Nero di Troia in evidenza ma non aggressivo, ricchezza di sapore, persistenza lunga. Un vino di assoluta piacevolezza e immediatezza che non si “beccherà” punteggi altisonanti dalle sempre più inutili guide (ma usciranno le edizioni 2021 a novembre?) ma che a me è piaciuto senza se né ma e che vi garantisco.

Articolo di Franco Ziliani tratto dal blog vinoalvino.org

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